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ARGOMENTO:

Interazioni Elettro-Deboli 24/04/2013 14:37 #72

Interazione Elettro-Debole
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Per domande: autore o Domanda a un esperto
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In Interazione Elettromagnetica "alla Feynman" abbiamo parlato della "Interazione Elettro-Magnetica". Iniziamo ora con la ’"Interazione Debole", per poi descrivere la loro unificazione nella “Interazione Elettro-Debole”. Il concetto di unificazione è esposto in Interazioni e loro unificazione e il meccanismo teorico dell'unificazione elettro-debole in Simmetrie e Interazioni Fondamentali .
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Fig. 1. Fosco Maraini, Tuffatrici ama in Giappone
Immagine Tumb1r – Gabinetto Vieusseux


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Fig. 2. Jean Fouquet, Madonna del latte
Dettaglio del Dittico di Melun (circa1456)
Royal Museum of Fine Arts, Anversa
Immagine Wikipedia

Debole è raro e prezioso

Secondo il linguaggio quotidiano, l’aggettivo “debole” può far pensare a qualcosa di scarsa importanza. Non è così nel mondo delle particelle, ove esso è associato a un’interazione che produce fenomeni vistosamente diversi da quelli usualmente osservati e di grande importanza. Ma rari.

La spiegazione è relativamente semplice. Per la fisica classica, a livello fondamentale tutto è rigorosamente determinato. Si parla di probabilità solo per descrivere fenomeni collettivi la cui natura caotica ne impedisce una descrizione dettagliata, come il comportamento di un insieme di persone. Nella visione classica, l’intensità di un’interazione è direttamente associata all'entità della forza che essa esercita: non vi è scampo, debole è debole.

La fisica quantistica, che regge il mondo delle particelle elementari, sovverte totalmente questa visione. La “probabilità” regna sovrana nella descrizione dei fenomeni a livello fondamentale, vivendo nascosta nei fenomeni osservati a livello macroscopico dalla fisica classica. Il legame diretto tra intensità e entità della forza è spezzato e si apre un’affascinante possibilità. Un effetto apparentemente debole può provenire da una sua bassissima probabilità, da una “rarità” che l’evento avvenga. Ma i singoli rari eventi possono essere sconvolgenti e straordinariamente “preziosi”.


Ricerca delle perle naturali

Per fare un parallelo con il mondo al di fuori della fisica, la tradizionale ricerca delle splendide perle naturali nelle ostriche perlifere era anch’essa di eventi rari e preziosi: il loro ritrovamento avveniva con bassissima probabilità. E “una perla”, si dice anche di persone. Con la loro regolarità, le perle coltivate di oggi non hanno lo stesso fascino e carattere di preziosità delle perle naturali.

Questa ricerca ha antichissime tradizioni: vedete l’articolo di Franco Cardini La conchiglia e la perla nella rivista storica in rete Airesis (parola greca: in italiano Eresia). Tra parentesi, anche quelle giudicate come “ eresie ” sono eventi rari. Ma certi eretici hanno visto più lontano e più profondo, e mutato il corso della storia umana. Per dare un esempio in campo scientifico, Galileo Galilei fu trattato come eretico.

L'antica tradizione subacquea per la ricerca delle perle naturali in Giappone è testimoniata da alcune tra le famose stampe di Kitagawa Utamaro (1753-1806). La figura 1 la mostra riflessa ai giorni nostri nella raccolta di conchiglie awabi da parte delle naturalmente splendide tuffatrici “ ama ” (in italiano “donne del mare”). L’immagine proviene da una delle pionieristiche fotografie subacquee fatte nel 1954 in Giappone da Fosco Maraini (1912-2004), grande uomo di cultura e avventura.

Le perle naturali più preziose andavano ad adornare e illuminare donne per vari motivi d’illustre rango quali principesse, regine, imperatrici e amanti regali. Nella figura 2 è presumibilmente raffigurata l’incantevole “dame de beauté” (signora di bellezza) Agnès Sorel , amata dal re di Francia Carlo VII (1403-61) – il re dell’epopea di Giovanna d’Arco – e presa a modello da Jean Fouquet (1420-80) nella “ Madonna del latte” del Dittico di Melun . Con raffinatezza tutta francese, le lattee e luminose rotondità delle perle nel diadema fanno eco e per via subliminale esaltano quelle della fronte e del seno.
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Fig. 3. La lastra fotografica trovata impressionata da Becquerel
Immagine Wikipedia
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Fig. 4. Il potere penetrante delle diverse radiazioni
Immagine INFN - LNGS

RADIOATTIVITÀ

La storia dell’Interazione Debole iniziò per caso nel 1896 in una situazione proficua per buone occasioni, per " serendipità " secondo un termine tratto da una fiaba persiana: in parole povere "datevi da fare seriamente, e se siete su una buona strada potreste fare un'importante scoperta inattesa". Succede più spesso di quanto si potrebbe credere.

Accadde così che Antoine Henri Becquerel trovò impressionata una lastra fotografica (figura 3) riposta in un cassetto assieme a dei sali di Uranio: una misteriosa radiazione era emessa da questi sali. Nella lastra si vede anche “l’ombra” lasciata da una croce al merito pure riposta nel cassetto: la radiazione non è abbastanza penetrante per non essere assorbita e lasciarne l’ombra, come l'assorbimento della luce da parte di un oggetto. Il fenomeno fu chiamato “radioattività” da Marie Curie. Per la sua scoperta, Becquerel ebbe il Premio Nobel 1903 . Lo condivise nientemeno che con Pierre e Marie Curie .

Si scoprì poi che per radioattività naturale potevano essere emessi tre tipi di radiazioni, chiamate "alfa" (α), "beta" (β) e "gamma" (γ) in attesa di meglio comprenderne e definirne la natura. Come schematizzato in figura 4, esse sono caratterizzate da diversi poteri di penetrazione. Ora sappiamo che le radiazioni α e γ sono emesse in assestamenti di nuclei instabili per raggiungere una situazione di stabilità. La radiazione β comporta in più un fenomeno nuovo, che portò alla scoperta dell’Interazione Debole e da essa a una fisica ricchissima. Focalizziamo quindi l’attenzione sulla radiazione β.

Per approfondimenti sulla radioattività e sulle sue basi fisiche, facciamo riferimento a Radioattività e decadimenti nucleari .
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Fig. 5. Jan van der Straet,Francesco I de’ Medici
nel suo laboratorio alchemico
(1570-72)
Palazzo Vecchio (Firenze) - Immagine Wikipedia
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Fig. 6. Il decadimento β del Cobalto-60 in Nickel-60
Immagine La Radioactivité

Diversità

La Fisica fece entrare nel mondo del reale il sogno alchemico della trasmutazione degli elementi, al quale accenna l'Appendice dal titolo La pietra filosofale e del quale la figura 5 testimonia la diffusione. E' vero, privato dell'aspetto lucrativo di trasmutazione di metalli ordinari in preziosi, ma scientificamente entusiasmante e senza bisogno di alambicchi: ci pensa autonomamente la Natura, pur se in processi rari.

Si trovò, infatti, che la radiazione β è associata a una “trasmutazione” naturale degli elementi chimici da cui è emessa. Questa trasmutazione è detta “decadimento” e accade al livello dei nuclei atomici. E’ un fenomeno “diverso” da tutti quelli precedentemente noti. La figura 6 mostra, come esempio, il decadimento β del Cobalto-60 in Nickel-60. Facendo riferimento ad essa e esaminandone i dettagli, possiamo comprendere passo dopo passo il decadimento β dei nuclei. Nel seguito faremo due crescenti “zoom” a livello subnucleare.

La trasmutazione di un elemento chimico implica un cambiamento del numero atomico Z che ne caratterizza il nucleo. Per esempio, il Cobalto-60 (Z=27) diventa Nickel-60 (Z=26), mentre il numero di massa A resta costante. Conseguente al cambiamento di Z è quello del numero degli elettroni e quello delle proprietà chimiche. Si trovò inoltre che la radiazione β è costituita di elettroni.


Rarità

Per comprendere quanto questo processo sia raro, basta riferire il numero di nuclei che si osservano decadere all’enorme numero totale di nuclei, calcolabile in base al Numero di Avogadro (ricordate, vi appare la 23-esima potenza di 10).

Vediamolo con un esempio, il decadimento β del Carbonio-14 in Azoto-14. Su di esso si basa il metodo di datazione trattato in Radioattività come cronometro per la datazione , a cui potete riferirvi per maggiori dettagli. Per definizione (vedete Radioattività e decadimenti nucleari ”) in un “tempo di dimezzamento” il numero di nuclei instabili si riduce alla metà. Quello del Carbonio-14 è di 5730 anni. In prima grossolana approssimazione, la probabilità di decadimento di un singolo nucleo per minuto è data dal rapporto tra 1 minuto e il tempo di dimezzamento. Essa risulta essere dell'ordine di 10-10 , cioè in un minuto ne decade circa uno su 10 miliardi.

Il decadimento β è quindi un nuovo e raro processo. Esso apparve quindi come dovuto a una nuova interazione, che fu chiamata “Interazione Debole”. Si aprì così un (tuttora) affascinante nuovo mondo, non più statico ma mutevole secondo leggi tutte da scoprire.
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Fig. 7. Spettro degli elettroni nel decadimento β nucleare
ed energia attesa in assenza del neutrino
Immagine Cobra Experiment
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Fig. 8. Wolfgang Pauli in un seminario tenuto nel 1929
Archivio Pauli, CERN (Ginevra)
Immagine American Institute of Physics


IL NEUTRINO


In base al Principio di conservazione dell’energia, nel decadimento β l’elettrone dovrebbe ereditare tutta l’energia E = ΔM c2 resa disponibile dalla differenza di massa ΔM tra il nucleo iniziale e quello finale. La distribuzione in energia (detta “spettro”) dell’elettrone dovrebbe mostrare un picco in corrispondenza di tale energia, come indicato in figura 7. Un serio e misterioso problema di bilancio energetico incombeva sul decadimento β: l’energia dell’elettrone è sempre inferiore a quella attesa.

Come “verzweifelten Ausweg” (disperata via d’uscita) per risolvere il mistero salvando il plausibilmente intoccabile Principio di conservazione dell’energia, nel 1930 Wolfgang Pauli (1900-58) emise l’ipotesi che nel processo sia emessa anche una particella elettricamente neutra (non vista) e di massa praticamente nulla (più precisamente inferiore a 1% di quella del protone) perché la coda dello spettro giunge sino all’energia attesa. Questa particella fu successivamente chiamata “neutrino” ed è indicata con il simbolo ν, in carattere greco.

Pauli formulò quest’ipotesi in una famosa lettera scritta da Zurigo ai “Liebe Radioaktive Damen und Herren” (Care Signore e Signori Radioattivi) riuniti a congresso a Tübingen. Il professore (trentenne, vedetelo in figura 8) non poteva parteciparvi perché doveva andare a un ballo di fine anno:

"Leider kann ich nicht persönlich in Tübingen erscheinen, da ich infolge in der Nacht vom 6. Zum 7. Dez. in Zürich stattfindenden Balles hier unabkömmlich bin”.
(Purtroppo, non potrò essere personalmente a Tübingen poiché è indispensabile che io sia qui per un ballo che avrà luogo a Zurigo nella notte tra il 6 e il 7 dicembre).

Se conoscete il tedesco, potete anche azzardarvi a leggere la lettera in originale con traduzione in inglese.

Il proporre l’esistenza di una peculiare particella invisibile e di massa praticamente nulla costituì un’ipotesi ardita, ma fu confermata da tutti i dati sperimentali. Il neutrino interagisce pochissimo con la materia perché soggetto unicamente alla tutta speciale Interazione Debole, e non solo perché elettricamente neutro (lo è anche il “neutrone”, costituente del nucleo atomico).

Nelle loro interazioni con la materia costituente un apparato sperimentale, i neutrini di alta energia generano particelle "normali": così sono "visti". Tuttavia, l'estrema rarità delle interazioni del neutrino rende difficilissima la sua osservazione. Fu solo nel 1956 che il neutrino fu finalmente visto interagire, in un famoso esperimento nel quale un apparato sperimentale di massa relativamente elevata (per aumentare la probabilità d’interazione) fu esposto all’intenso flusso di neutrini (più precisamente antineutrini, aspettate un attimo) emesso da un reattore nucleare. Del carattere singolare del neutrino e dei suoi persistenti misteri parla Hic sunt neutrini .


Neutrino e anti-neutrino

La radiazione β è costituita da particelle con carica negativa (β- ) o positiva (β+ ). Come si è detto, quella con carica negativa è l'elettrone. Con la predizione dell’esistenza di anti-materia fornita dall’Equazione di Dirac (1926) e la scoperta dell’anti-elettrone o “positrone” (1932), la radiazione β+ fu identificata con positroni e+ .

E il neutrino? Il “nulla si crea, nulla si distrugge” è ristabilito con la creazione di materia e antimateria in eguali proporzioni. Ossia di un elettrone e di un antineutrino nel decadimento β- mostrato in figura 6, e di un positrone e un neutrino nel decadimento β+ . La natura di antimateria è solitamente indicata da una barra sopra al simbolo.

Ma non crediate che la questione sia conclusa. Permane un mistero se neutrino e antineutrino siano due particelle distinte (neutrino secondo Dirac, figura 9) o due stati diversi della stessa particella (neutrino secondo Majorana), il che sostanzialmente implica che non è il caso di parlare di antineutrini. Se siete incuriositi, leggete il già citato Hic sunt neutrini .
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Fig. 9. Anche un bambino capisce cos'è un antineutrino
Immagine Laura Strolin
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Fig. 10. Schema di un fascio di neutrini
Immagine Fermilab

Il neutrino come strumento

I meccanici usano attrezzi per smontare un motore e capire come funziona. Gli scienziati individuano e inventano strumenti per capire un nuovo fenomeno ed essere capaci di descriverne il funzionamento. Tra le sue peculiarità, quella di essere esclusivamente soggetto all’Interazione Debole ha sempre dato al neutrino il ruolo di “strumento” di base per la sua comprensione. Il suo studio apre anche la strada alla scoperta di nuovi fenomeni, come le “oscillazioni di Neutrino” brevemente descritte in Hic sunt neutrini .

Per condurre un esperimento, è necessario che l’apparato sperimentale sia investito da un gran numero di neutrini, in modo da compensare (nei limiti del possibile) la bassissima probabilità che essi hanno di interagire. Per questo, agli inizi degli anni Sessanta fu inventato il modo di produrre intensi “fasci di neutrino” mediante particelle (protoni) accelerate ad alta energia . Essi divennero un importantissimo strumento di conoscenza.

Ma come focalizzare un fascio di neutrini in direzione di un apparato sperimentale, pur essendo essi totalmente insensibili ai campi elettromagnetici usati per le particelle cariche? Ecco la risposta, schematizzata in figura 10. I protoni accelerati sono diretti su un bersaglio e generano particelle secondarie, in primo luogo “pioni” (vedete Protone, pione & adroni ). Il decadimento per Interazione Debole di pioni elettricamente carichi genera neutrini. Essi mantengono memoria della direzione delle loro particelle genitrici, essendo queste prodotte con un’energia sufficientemente elevata per proiettarli in avanti (come i frammenti di un fuoco d'artificio che esplode anticipatamente, prima di raggiungere il culmine). Di tutte le particelle generate, a parte i neutrini i muoni sono le più penetranti ma anch'essi sono assorbiti.

Resta un fascio di neutrini, detti "muonici" perché prodotti per Interazione Debole in associazione con un muone. La soluzione sta quindi nel focalizzare le particelle genitrici cariche. Per approfondimenti, vedete per esempio How to make a neutrino beam .

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Fig. 11. Enrico Fermi
Tentativo di una teoria dell’emissione dei raggi “beta”
La Ricerca Scientifica (31 dicembre 1933) - Immagine Università di Roma “La Sapienza”
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Fig. 12. Interazione tra due elettroni nella QED
mediante scambio di un fotone
Immagine Cronodon


INTERAZIONE DEBOLE

Pochi anni dopo l’ipotesi di Pauli, Enrico Fermi formulò una descrizione teorica dell'Interazione Debole e la pubblicò il 31 dicembre (proprio così) 1933. Essa proviene da un’impostazione genialmente empirica, come intuibile dal singolare titolo della pubblicazione Tentativo di una teoria dell’emissione dei raggi “beta”, ma di eccezionale lungimiranza. La pagina con il titolo è mostrata in figura 11.

Integrata nella seconda metà degli Anni Cinquanta per accordarsi alla scoperta della “Violazione della Parità” (vedete Asimmetrie: violazione della parità e neutrino allo specchio ), la "Teoria di Fermi" era destinata a restare in prima linea al fronte della Scienza per quasi quarant’anni. Vedremo nel seguito come essa fu superata (rimanendo valida per energie sufficientemente basse) dall’unificazione elettro-debole, capace di descrivere anche i fenomeni che avvengono ad alta energia.


Zoom sul decadimento β di un nucleone

Osserviamo la figura 6, ove secondo l’usuale metodologia della Fisica Nucleare (vedete Nucleo atomico fenomenologia ), il nucleo atomico è visto come un insieme di protoni e neutroni, genericamente indicati come "nucleoni". Nel decadimento nucleare β- , il nucleo mantiene il suo numero di massa A mentre il numero atomico Z passa a Z+1. Quindi, il decadimento s’interpreta come la trasformazione di un neutrone in un protone: è lo zoom mostrato in figura 13 (posta più avanti per affiancarla al decadimento β- di un quark, mostrato in figura 14). Similmente, nel decadimento β+ un protone si trasforma in un neutrone.

In sintesi, nel decadimento β l’Interazione Debole cambia la natura del nucleone coinvolto. Volendo approfondire, la fisica del decadimento β dei nuclei è discussa in Radioattività e decadimenti nucleari . Se vi resta una curiosità da soddisfare, guardate l'Appendice Curiosità 1.


Il punto debole dell’Interazione Debole “alla Fermi”

Prendiamo come riferimento la ben consolidata teoria quantistica-relativistica dell’Interazione Elettromagnetica: la cosiddetta “QED” (Elettro-Dinamica Quantistica), trattata in Interazione Elettromagnetica "alla Feynman" e L’enigma dell’interazione a distanza e i quanti .

Secondo la QED, l’interazione tra due elettroni (per esempio) è rappresentata dal “diagramma di Feynman” in figura 12. Sintetizziamone il contenuto fisico. L’interazione è trasmessa da un “mediatore”, che per l’Interazione Elettromagnetica è il “ fotone ” γ come mostrato in figura (essendo la luce una radiazione elettromagnetica, le "particelle di luce" - con massa nulla - sono anch'esse fotoni). Nel calcolo della probabilità che l’interazione avvenga, occorre anzitutto tener conto della probabilità che il fotone mediatore sia emesso da uno dei due elettroni e di quella (identica) che sia assorbito dall'altro. Queste ultime probabilità sono ambedue collegate alla cosiddetta “costante di accoppiamento”. Occorre poi tener conto della probabilità che il fotone mediatore sia trasmesso da una elettrone all’altro. Notate che per brevità di linguaggio abbiamo parlato di probabilità, anche se a rigore avremmo dovuto parlare di “ampiezza di probabilità”.

Come detto sopra, la Teoria di Fermi dell’Interazione Debole continuò a lungo a essere in accordo con i risultati sperimentali. Tuttavia, essa appariva anomala. Contrariamente alla ben consolidata QED, in essa non appare alcun “mediatore” emesso e assorbito all'interno del processo. Lo vedete in figura 13: l'interazione avviene tutta in un singolo punto ("vertice") ove al contrario di quanto mostrato in figura 14 convergono le linee che rappresentano le particelle coinvolte. A questo vertice la teoria associa un’empirica “ Costante di Fermi ”.

Oltre alla sua anomalia rispetto alla QED, fatalmente l’assenza di un mediatore implica anche che la probabilità d’interazione dei neutrini cresca indefinitamente con l’energia. Questo non è plausibile. La Teoria di Fermi doveva essere presumibilmente superata da una più completa, con un mediatore come la QED. Fu fervore in campo teorico e sperimentalmente caccia aperta alla particella (o particelle) con ruolo di mediatore dell'Interazione Debole.



INTERAZIONE ELETTRO-DEBOLE


Nella gara all'individuazione di mediatori dell’Interazione Debole arrivarono prima i teorici. Verso la fine degli Anni Sessanta, il “ Modello Standard ” delle Particelle Elementari di Sheldon Glashow, Abdus Salam e Steven Weinberg fornì un quadro coerente che includeva una precisa predizione di mediatori per l’Interazione Debole. Per inciso, si dice correntemente Modello Standard, ma in realtà la sua impostazione è piuttosto quella di una teoria. Glashow, Weinberg e Salam ebbero il Premio Nobel nel 1979 .

Per una delle magie della Scienza (vedete Simmetrie e Interazioni Fondamentali ), il Modello Standard prevede anche la “unificazione” dell’Interazione Elettromagnetica e di quella Debole in un’unica “Interazione Elettro-Debole”. In Interazione Elettromagnetica "alla Feynman" e Interazioni e loro unificazione si precisa che “unificare” significare descrivere interazioni apparentemente diverse in termini di un’unica costante di accoppiamento. Il Modello Standard attribuisce all’Interazione Debole la stessa costante di accoppiamento dell'Elettromagnetica, facendola diventare caratteristica dell’Interazione Elettro-Debole. Diversi sono “solo” i mediatori e corrispondentemente le probabilità che essi siano trasmessi da una particella all’altra.

Il fotone (osservato con massa nulla) resta il mediatore dell’Interazione Elettromagnetica. Come mediatori dell’Interazione Debole, il Modello Standard prevede l’esistenza di tre nuove particelle (W+ e W- e Z0 ) e di esse predice anche le masse. I loro valori molto grandi (circa 100 volte la massa del protone) sono alla radice l’apparente debolezza dell’interazione. Vediamolo riconsiderando il decadimento β.
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Fig. 13. Il decadimento β- di un nucleo
implica quello di un neutrone in protone
Immagine Wikipedia
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Fig. 14. Il decadimento β- del neutrone
nel Modello Standard delle particelle elementari
Immagine Wikimedia

Zoom sul decadimento β di un quark

Procediamo a un ulteriore zoom, rispetto a quello sopra esposto, e osserviamo in figura 14 il decadimento β- del neutrone al livello dei quarks. Come detto in Protone, pione & adroni , il neutrone (ddu) è costituito di due quarks “down” (d, con carica elettrica -⅓) e di un quark “up” (u, con carica elettrica +⅔). Il protone (uud) gli è simmetrico per scambio di u con d. Il conto delle cariche elettriche di neutrone e protone torna: ad esempio per il protone + ⅔ + ⅔ - ⅓ = +1. Anche solo da questo, si comprende che il decadimento β- del neutrone possa essere riconducibile a quello di un quark down in un quark up, e viceversa quello del protone.

Introducendo mediatori, il Modello Standard interpreta il decadimento β- del neutrone come rappresentato in figura 14, ove l’interazione è trasmessa dai mediatori carichi W+ e W- . La loro grande massa riduce molto fortemente la probabilità di trasmissione da un quark all’altro (anche nel mondo delle particelle un forte sovrappeso riduce la mobilità) e quindi anche la probabilità globale del processo. Questo spiega perché prima del Modello Standard l’Interazione Debole fu così chiamata e considerata diversa. In ultima analisi, l’Interazione Debole è capace di cambiare il tipo di quarks, quello che in linguaggio scientifico si chiama ”sapore”. Ma “conserva” (ossia non cambia) il numero di quarks.

Tra le particelle con tre quarks (vedete Protone, pione & adroni e Viaggio nei colori: quarks e gluoni ), dette “barioni”, il protone è quella con massa più bassa: nella scala dei barioni è al piano terra e non ha livello più basso dove scendere. Esso è quindi stabile. E se così non fosse? Si aprirebbe una nuova finestra sul futuro, quella sulle “ Teorie di Grande Unificazione ”. Se vi restano curiosità da soddisfare, guardate le Appendici Curiosità 2 e Curiosità 3.


Un nuovo tipo di Interazione Debole

La predizione dei W (elettricamente carichi) con le loro masse fornì i mediatori delle interazioni deboli conosciute, dette di “Corrente Carica” perché cambiano “anche” la carica elettrica dei nucleoni (figura 13) e dei quarks (figura 14) coinvolti.

La predizione di un terzo mediatore Z0 (assieme a quella della sua massa) implicò l’esistenza di un’Interazione Debole mai vista né sospettata prima. Essa è detta di “Corrente Neutra” perché il mediatore non trasmette e non cambia nessuna carica, essendo elettricamente neutro come il suo corrispondente elettromagnetico, il fotone. Secondo una terminologia divulgativa, la particella Z0 è talvolta indicata come “fotone pesante”. Caccia aperta all'osservazione sperimentale di processi di Corrente Neutra, cruciale per la validità della teoria.

Come gli indovini: più predicono, più rischiano di sbagliare. Con la differenza che il Modello Standard nasce come un razionale sviluppo da una solida base culturale: le Simmetrie, come esposto in Simmetrie e Interazioni Fondamentali .
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Fig. 15. Un’interazione di neutrino per Corrente Neutra
nella camera a bolle del CERN Gargamelle
Immagine CERN
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Fig. 16. Un evento con produzione di Z0 e suo decadimento
in due muoni, osservato al CERN nell’esperimento UA1
Immagine CERN

Dal neutrino la prima conferma sperimentale del Modello Standard

La predizione delle interazioni di neutrini per Corrente Neutra è un’assoluta novità del Modello Standard. Dal punto di vista sperimentale, la loro scoperta rappresentò la pietra miliare "a miglia zero" per il Modello Standard. Essa fu fatta nel 1973 al CERN con la “ camera a bolle ” della Collaborazione Gargamelle .

Una camera a bolle visualizza dettagliatamente le tracce delle particelle, con precisione e in tre dimensioni grazie a riprese fotografiche stereo da più di una angolazione. Con l'aiuto dello schema accanto all’immagine in figura 15, riscoprite l’Interazione di Corrente Neutra in Gargamelle. Un invisibile neutrino (di tipo “muonico”) entra nella camera a bolle (dal basso in figura, indicato nello schema da una linea tratteggiata) e interagisce. Come come nel decadimento β- si osserva un elettrone, tra i prodotti dell’interazione dell'interazione del neutrino muonico dovrebbe vedersi la lunga traccia della particella carica in cui esso avrebbe dovuto convertirsi secondo la nota interazione di Corrente Carica: un muone . Il muone non c'è. Si vede solo la traccia con baffi a spirale di un elettrone che si trovava lì per caso e, colpito elasticamente dal neutrino, è stato eiettato come una palla da biliardo dall'atomo in cui pacificamente risiedeva. Il neutrino interagisce ma resta tale, invisibile e con traccia tratteggiata nello schema. Nell'interazione (elastica) la natura delle particelle non cambia e non avviene alcun trasferimento di carica. Avete scoperto l'interazione di Corrente Neutra. Troppo tardi per avere il Premio Nobel, ma per motivi ora incomprensibili non lo ha avuto neppure nessuno di Gargamelle.


Mediatori in piena libertà

I processi fisici sinora discussi (decadimento β e interazioni di neutrino) si riferiscono a energie troppo basse per generare W+, W- o Z0 e mandarli in libertà all’aria aperta con pieno godimento della loro grande massa. A bassa energia, E=mc2 consente loro solo la libertà vigilata propria del ruolo di mediatore: come si è detto, in tale ruolo essi sono emessi e presto riassorbiti all’interno del processo stesso.

Per produrre e vedere direttamente nel mondo esterno W+ , W - e Z0 , erano necessarie idee per realizzare un collisionatore di particelle capace di rendere disponibile un’energia considerevolmente maggiore di quella corrispondente alla loro massa.

L’ingrediente di base fu lo sviluppo di tecniche di “raffreddamento” di fasci di particelle, iniziato da Gersh Budker a Novosibirsk e continuato al CERN con un nuovo metodo proposto da Simon van der Meer nel 1971. Raffreddare un fascio vuol dire ridurne le dimensioni trasversali (in analogia con ridurre delle vibrazioni degli atomi in un solido, connesse alla grandezza fisica che chiamiamo “temperatura”), al fine di potere accumulare un maggior numero di particelle nel tubo a vuoto di un acceleratore circolare.

Il Super-Proto-Sincrotrone (SPS) del CERN veniva utilizzato facendo interagire su un bersaglio fisso i protoni accelerati. Secondo una geniale idea di Carlo Rubbia e utilizzando il metodo di van der Meer per ottenere un fascio di antiprotoni sufficientemente stretto e intenso, esso fu trasformato in un collisionatore protone-antiprotone in cui sono realizzate collisioni frontali ad altissima energia.

Sappiamo dagli incidenti stradali (purtroppo) che le collisioni frontali sono molto più devastanti degli urti contro un ostacolo fisso, a causa della molto maggiore energia che si sviluppa e viene tradotta in danno. Analogamente nel mondo delle particelle, salvo che la collisione va trattata con le leggi della meccanica valide anche nel dominio relativistico. E sopratutto che, invece di produrre maggior danno, la collisione porta il beneficio di aprire la strada allo studio di nuovi processi fisici, impossibili a energie inferiori. Tra questi la produzione di particelle di massa (energia a riposo in meccanica relativistica) molto elevata e per questo ancora ignote. La figura 17 mostra che l'energia resa disponibile facendo interagire su un bersaglio fisso i protoni accelerati a 450 GeV (Miliardi di eV) dall'SPS è di soli 29 Gev: gran parte dell'energia viene persa nel far rinculare la particella bersaglio e in generale le particelle prodotte nella collisione. in una collisione frontale tra due fasci di pari energia, tutta l'energia a loro fornita è resa disponible per i processi fisici indotti dalla collisione: gli stessi 450 GeV forniti a ciascun fascio l'SPS portano a un'energia di di collisione pari alla loro somma: 900 GeV. Così, le collisioni frontali di fasci di protoni e antiprotoni fatti circolare in versi opposti all'interno dell'SPS permisero di raggiungere energie di collisione corrispondenti a circa 10 volte la massa delle particelle W+, W- e Z0 e resero possibile la loro produzione e osservazione.

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Fig. 17. Energia disponibile in collisioni di un fascio di
particelle su bersaglio fisso e frontale tra due fasci
Immagine elaborata da History of antimatter - Tohoku

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Fig. 18. Tipico! Ho trovato il bosone di Higgs,
ma ho di nuovo perso gli occhiali

Matt, The Daily Telegraph
Immagine Aspectus

Mediante opportuni apparati sperimentali, UA1 e UA2 , l'osservazione diretta di W+ , W - e Z0 come particelle “libere” fu cosa relativamente rapida. La figura 16 (anticipata per affiancare scoperta della Corrente Neutra e osservazione diretta della Z0 ) mostra la “storica” immagine di una Z0 osservata da UA1 tramite il suo decadimento in due muoni. Protone e antiprotone si scontrano provenendo da direzioni opposte lungo l'asse orizzontale. La grande massa della Z0 prodotta nell'interazione si trasforma in energia, sparando fuori i due muoni visibili a grande angolo rispetto all’asse (orizzontale) dei fasci. Le usuali particelle prodotte nell'interazione restano in prossimità dell'asse dei fasci e non confondono l'osservazione. Questa scoperta portò nel 1983 all’ascesa in gloria del Modello Standard e valse il Premio Nobel 1984 a Rubbia e van der Meer.


Il bosone di Higgs: il tassello che mancava, ma .....

Alle grandi scoperte seguono misure e verifiche di precisione. Il Modello Standard ha resistito anche a quelle. Mancava un tassello fondamentale previsto dal Modello Standard: il bosone di Higgs. Senza di esso, il Modello non spiega il fatto che le particelle hanno massa.

Nel 2012 è stata scoperta al CERN una particella identificabile con il Bosone di Higgs, vedete Il bosone di Higgs: una rivoluzione rispetto al comune pensare e Rottura Spontanea di Simmetria e bosone di Higgs . Il bosone di Higgs allo specchio parla delle prime conferme ottenute, seguite da altre. Un’altra pietra miliare della Fisica è stata posta.

Ma il bosone di Higgs comincia ora a essere studiato e le predizioni teoriche sono poche. Potrebbero anche esservene più di uno. Vi sono sempre ricerche da fare. Lo dice anche il vignettista Matt di The Daily Telegraph, con pungente ironia.



APPENDICI


La pietra filosofale

La trasmutazione “naturale” di un elemento chimico in un altro è un evento raro, che può avvenire realmente attraverso decadimenti radioattivi e in particolare il decadimento β per Interazione Debole. L' Alchimia la aveva da tempi antichi come sogno e – non avendo la minima idea dell’Interazione Debole – cercava per questo una pietra tuttofare, la " pietra filosofale ". Tra le sue varie magiche proprietà era attesa quella di trasmutare in oro dei metalli "low cost", come si direbbe oggi in tempi in cui una pietra filosofale farebbe pure comodo.

Anche importanti personaggi si affaccendarono attorno ad alambicchi alchemici. Così nella seconda metà del Cinquecento, il Granduca Francesco I de’ Medici , figlio del grande Cosimo, divideva le sue giornate fiorentine tra l'esercizio del potere, le opere di mecenatismo e la passione per l'Alchimia. Si fece perfino raffigurare nel suo laboratorio alchemico in un pannello di Jan Van der Straet (ignobilmente italianizzato in Giovanni Stradano; 1523-1605) nel suo “ studiolo ” a Palazzo Vecchio. Lo si vede ritratto nella figura 5 in basso a destra.

Nella seconda metà del Settecento, con Lavoisier e la Chimica si passò dai laboratori alchemici a laboratori scientifici con i loro rigorosi metodi. Il sogno degli alchimisti fu limitato a pochi irriducibili “aficionados”, per i quali erano anche finiti i tempi dei finanziamenti elargiti da principi come Francesco I de Medici.


Curiosità 1. Decadimento β del protone e stabilità del neutrone in un nucleo

Si pone un interrogativo riguardo al decadimento β+ di un protone in un nucleo. La massa del protone è, anche se di pochissimo, inferiore a quella del neutrone. A prima vista, questo decadimento sembra impossibile. Ma l'energia contenuta nel legame nucleare nel suo complesso entra in gioco per sopperire a quel poco di energia che manca per permettere il decadimento β+ con emissione di un positrone e di un neutrino, traendola dal patrimonio comune dell’energia di legame dell’intero nucleo. Sembra un gioco di parole ma così è in realtà: un protone libero non è libero di avere un decadimento β. Un neutrone, che ha massa superiore a quella del protone, invece lo è.

Essenzialmente per lo stesso motivo, un neutrone può essere stabile se inglobato in un nucleo atomico.


Curiosità 2. Decadimento β e masse dei mediatori

Il decadimento β avviene a un’energia (pari alla differenza di massa tra neutrone e protone) molto inferiore alla massa dei mediatori W+ e W- (quasi 100 volte maggiore delle masse di neutrone e protone): come mai la strada non è bloccata dal Principio di Conservazione dell’energia? Elaboriamo assieme una risposta.

I mediatori W+ e W- sono emessi e riassorbiti all’interno del processo stesso. La violazione ∆E del principio di conservazione dell’energia non è vista all’esterno e avviene per un tempo ∆t estremamente piccolo. Se ne può intuire la possibilità in base al Principio di Indeterminazione . Esso dice che energia e tempo non possono essere ambedue definiti con infinita precisione e pone il limite ∆E•∆th/4π, ove h è la costante di Planck (vedete Onde e particelle per pedoni molto curiosi ). Quest'effetto è inspiegabile per la fisica classica, ma la fisica quantistica ha leggi e libertà speciali.


Curiosità 3. Modello Standard e Teoria di Fermi

Come raccordare Modello Standard e Teoria di Fermi, valida a energie basse rispetto alla massa dei mediatori W+ e W- ? Nella Teoria di Fermi, mediatori e costante di accoppiamento (in corrispondenza della loro emissione e del loro assorbimento) sono da considerare inglobati e nascosti in un unico vertice d'interazione, come ad esempio in figura 13 (da paragonare a figura 14). Nella formulazione matematica della Teoria, essi sono “mangiati” dall’empirica Costante di Fermi.

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Professore Emerito di Fisica Sperimentale
Università di Napoli "Federico II"
Complesso Univ. Monte S. Angelo
Via Cintia - 80126 Napoli - Italy

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