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ARGOMENTO:
Radioattività e salute umana 17/03/2015 13:59 #163
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Radioattività e salute umana
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Per domande: autori o
Domanda a un esperto
................La Radioattività non è visibile agli occhi. Nei primi decenni dopo la sua scoperta, questo permise ingenue speranze e la vendita di prodotti commerciali tramite bella e ingannevole pubblicità. Signore: cospargereste oggi il vostro bel viso con creme radioattive facendovi convincere dall’affascinante manifesto pubblicitario di figura 1 - eco del raffinato e suggestivo Giovane cantante di Georges de La Tour (1593-1652) mostrato in figura 2 - anche se vi appare il nome di un (imprecisato e quindi ambiguo) Docteur Alfred Curie?
Nell’Agosto 1945 la duplice immensa tragedia di Hiroshima e Nagasaki mostrò a che atroci sofferenze possono portare gli effetti della radioattività indotta dagli ordigni nucleari (ne tratta La bomba ). Nel 1986 il gravissimo incidente al reattore nucleare di Chernobyl diffuse contaminazione radioattiva nel mondo. Alla giusta e razionale paura si aggiunse la psicosi di terrore che causano i grandi pericoli che ci sono ma che gli occhi non vedono. Fukushima ha rinnovato la paura, sebbene i due incidenti non siano paragonabili per modalità, responsabilità ed effetti. Queste grandi paure sono per la radioattività come “conseguenza" di attività umane legate a problematiche economiche e politiche, quali sono la produzione di energia mediante reattori nucleari o l’esplosione di ordigni nucleari. In quest’articolo considereremo invece la Radioattività come “strumento” in applicazioni volte alla diagnostica e alla cura della salute umana. Il campo è vastissimo e relativamente ben documentato. Ne daremo una breve sintesi, iniziando con alcune considerazioni sulla Radioprotezione e cioè sulle precauzioni da avere per renderne trascurabili gli effetti nocivi. Altri esempi di “radioattività utile” sono presentati tra i Saggi tematici , per esempio in Neutrini e fuoco interno della Terra . Gli articoli Nucleo atomico: fenomenologia , Nucleo atomico: legame e Radioattività e decadimenti nucleari vanno considerati propedeutici. In quest'ultimo sono definite le caratteristiche delle radiazioni α, β e γ emesse nei decadimenti radioattivi e in particolare della radiazione γ più specificatamente pertinente all'argomento qui trattato. Fig. 3. Lo spettro della radiazione elettromagnetica - Immagine Wikipedia Radiazione γ e fotoni I “ raggi γ " (per esteso: raggi gamma) sono onde elettromagnetiche ad altissima frequenza (ancora maggiore di quella della luce e perfino dei raggi X, come mostrato in figura 3). I raggi γ sono indicati come “ fotoni " (anch'essi indicati con il simbolo γ) nelle circostanze in cui il comportamento sperimentalmente rilevante è quello di particelle (vedete Onde e particelle per pedoni molto curiosi ). L’energia E dei fotoni è legata alla frequenza ν e alla lunghezza d’onda λ della radiazione elettromagnetica corrispondente dalla relazione E = hν = hc / λ dove c è la velocità della luce e h la costante di Planck, la costante fondamentale che regola le leggi della fisica quantistica (vedete ad esempio l'articolo sopra citato o Da linee di Fraunhofer ad atomo quantistico ).
RADIOPROTEZIONE
Qualunque ne siano la natura e l’origine, l’utilizzazione di radiazioni può comportare effetti collaterali non desiderati. Ma non per questo i malati rifiutano, per esempio, di sottoporsi a un esame di diagnostica medica con i benefici che esso comporta. Si tratta dunque di minimizzare sistematicamente gli effetti collaterali, mediante l’applicazione di metodologie e protocolli di Radioprotezione. Il problema iniziò a porsi all’inizio del secolo in relazione all’utilizzazione dei raggi X . Il principio fondamentale della Radioprotezione è che gli effetti collaterali dell’irradiazione al paziente devono essere compensati dai benefici che egli stesso ne riceve e che – come si suol dire - siano "As Low As Reasonably Acceptable" (ALARA) ossia "abbastanza bassi da essere ragionevolmente accettabili". Nessuna pratica che comporti radiazioni può essere portata avanti se non si valutano attentamente e si riducono a un minimo ragionevolmente accettabile i rischi di effetti collaterali. Lo garantiscono la maturità che ha raggiunto in questi anni la disciplina della Radioprotezione e l’applicazione di leggi e norme internazionalmente stabilite. La legislazione italiana (Decreti Legge 230/1995, 187/2000 e 241/2000) recepisce le direttive ICRP (International Commission on Radiological Protection) e ICRU (International Commission on Radiation Units and measurements), disponibili al pubblico in rete. Considerando la presenza di “ radioisotopi ” (ossia isotopi che emettono radiazioni) naturali e dei raggi cosmici che ci irraggiano sempre e dovunque, anche dall’interno del nostro stesso corpo, una situazione di “irradiazione zero” è comunque impossibile. Fig. 4. Lucciole in un bosco - Immagine Wikipedia
TRACCIANTI RADIOATTIVI
La figura 4 mostra delle lucciole in un bosco oscuro, visibili in ogni loro percorso grazie alla luce emessa. Possiamo trasformare in “lucciola” per esempio un farmaco e studiare ove e con che tempi esso agisce nel “bosco oscuro” di un organismo vivente e in particolare di un corpo umano? La risposta è da “ uovo di Colombo ”: basta che uno dei nuclei degli atomi del farmaco sia un isotopo (con identiche proprietà chimiche) radioattivo (un “radioisotopo”) e l’intera molecola sarà visibile attraverso la rivelazione della radiazione emessa. Tra queste, la radiazione γ è privilegiata a causa della sua capacità di penetrazione, come esposto in Radioattività e decadimenti nucleari e più avanti in quest’articolo. Marcando una molecola con un radioisotopo e utilizzando un rivelatore capace di osservare la radiazione emessa, si può ottenere un’immagine degli organi da parte dei quali si vuole osservare l’assorbimento del farmaco. I chiaroscuri dell’immagine riflettono come la molecola marcata si distribuisce, il che permette di utilizzare questa tecnica anche per valutare la funzionalità degli organi. La radiazione è rilevabile con grande sensibilità, per cui basta una minima quantità di radioisotopo. Inoltre l’uso di radioisotopi a vita relativamente breve garantisce che la radioattività si estingua rapidamente dopo l’applicazione. Queste lucciole sono i “traccianti radioattivi”. Gli isotopi radioattivi sono artificialmente prodotti in laboratori equipaggiati con acceleratori di particelle o mediante reattori nucleari. Essi sono quindi incorporati nelle sostanze desiderate sostituendo nelle loro molecole atomi chimicamente identici. Il traccianti radioattivi sono utilizzati in vari campi . Essi hanno una speciale importanza per la diagnostica medica, nel quadro generale della “ Medicina Nucleare ”. Questo argomento è vastissimo e una sua trattazione va molto oltre di quanto qui sia possibile. Lo illustriamo portando come esempio un potente sviluppo, la “Tomografia a emissione di positroni” (PET), e rinviamo alla letteratura disponibile la trattazione di tecniche diagnostiche quali la “ Scintigrafia ” e la “ Tomografia computerizzata a emissione di fotone singolo ” (SPECT). Fig. 5. Decadimento del radioisotopo, annichilazione del positrone con un elettrone e produzione di due fotoni in direzioni opposte Immagine originale University of Washington PET: l’interno del nostro corpo in 3D La “ Tomografia a emissione di positroni ” (in inglese “Positron Emission Tomography”, da cui l’acronimo PET) è una geniale tecnica diagnostica, che permette non solo di ottenere la distribuzione spaziale del radioisotopo “in vivo” ma di osservarla direttamente in 3D. Il suo sviluppo è iniziato verso la fine degli anni ’50 ed è stato seguito da una grandissima diffusione. La parola “ tomografia ” (dal greco tómos, strato e gráphó, scrivere) proviene da una tecnica convenzionalmente usata per ottenere una distribuzione spaziale del radioisotopo nel caso di sperimentazione su cavie. Essa consiste nel tagliare a fette (previo surgelamento) il corpo della cavia, eseguire una radiografia (planare) di ciascuna fetta e ricostruire così la distribuzione spaziale in 3D. Se si vuole ottenere una distribuzione planare del radioisotopo, con la PET il “taglio” viene eseguito nell’analisi dati, che agisce come un affilatissimo e incruento bisturi “virtuale”. Nella PET si immette nel corpo umano una piccola dose di una molecola metabolicamente attiva contenente un nucleo radioattivo a vita breve che emette positroni (anti-elettroni) assieme a un invisibile neutrino, come mostrato in figura 5. I positroni si annichilano quasi immediatamente con elettroni atomici. Alla bassa energia che caratterizza i positroni emessi, l’annichilazione genera predominantemente (e provvidenzialmente) una coppia di fotoni , indicati con γ . I fotoni sono emessi in direzioni collineari ma opposte e con eguale energia (0,511 MeV, ossia milioni di elettronVolt)), corrispondente secondo E=mc2 alla metà dell’energia resa disponibile nell’annichilazione di elettrone e positrone ed equivalente alla loro massa totale (2 x 0,511 MeV/c2 ). La conversione di massa in energia dota così i fotoni di un’energia relativamente elevata, che ne facilita la rivelazione. Questo, il valore prefissato della loro energia e la loro coincidenza temporale forniscono un segnale inequivocabile.
Come mostrato in figura 6, la collinearità dei fotoni permette di tracciare la loro traiettoria mediante la linea che congiunge i punti in cui colpiscono il dispositivo che li rivela. Accumulando eventi di annichilazione, si può costruire una precisa mappa in 3D dei punti in cui essa si verifica predominantemente. Il limite intrinseco alla posizione di ogni punto della mappa è dato dal percorso dei positroni prima dell’annichilazione ed è dell’ordine di pochi millimetri. E’ così possibile tracciare con precisione come la molecola marcata con il nucleo radioattivo si diffonde entro il corpo umano e trarne importantissime informazioni diagnostiche. La figura 7 mostra una proiezione tomografica di un'immagine di cervello umano ottenuta tramite la PET. La figura 8 mostra una immagine PET a corpo intero in 3D.
RADIOATTIVITA’ CONTRO I TUMORI
Da quanto sopra detto si evince, da un lato, che le radiazioni emesse da alcuni radioisotopi offrono potenti ed unici strumenti di diagnostica medica ma, dall’altro, che occorre essere prudenti per evitare o almeno limitare i danni che l’interazione delle radiazioni con i tessuti biologici produce in essi. Ma, per quanto possa sembrare paradossale, a volte lo scopo di una pratica di medicina nucleare è proprio quella di irradiare i tessuti perchè vengano danneggiati. Si tratta, naturalmente, di tessuti malati, di neoplasie (tumori nell’usuale linguaggio), che si tenta di distruggere proprio sfruttando il danno indotto in essi dalle radiazioni. Questo metodo di cura tramite radiazioni è detto “Radioterapia”. Focalizziamo l’attenzione sulle radiazioni emesse da radioisotopi. Terapia con raggi γ Per la loro capacità di penetrazione nei tessuti biologici fino alla profondità del tumore, le prime radiazioni a essere usate per una terapia furono i raggi γ. Essi sono tuttora largamente utilizzati. Le intense sorgenti di raggi γ usate in Radioterapia hanno come emettitore il radioisotopo Cobalto-60 , non esistente in natura e prodotto artificialmente in reattori nucleari. Il Cobalto-60 emette raggi γ con energia di circa 1,3 MeV e ha un tempo di dimezzamento (come definito in Radioattività e decadimenti nucleari ) di 5,27 anni. Il trattamento con Cobalto-60 ha ancora un ruolo importante in alcune applicazioni ed è ancora diffusamente utilizzato, dal momento che la macchina per utilizzarlo è relativamente affidabile e semplice da mantenere rispetto agli acceleratori lineari di elettroni ora disponibili per la produzione di raggi γ (nell’ambiente medico spesso chiamati raggi X). Il Cobalto-60 è utilizzato anche per sterilizzare strumenti medici ed evitare infezioni. Fig. 9. Deposizioni di energia in funzione della profondità nel tessuto e il picco di Bragg per protoni e ioni Carbonio - Immagine CERN Courier La quantità di radiazione che colpisce un tessuto biologico viene espressa in termini di “densità di energia” (in termini più generali: “dose”) depositata nel tessuto stesso. L’effetto fisico che produce il danno è la “ionizzazione”, ossia la rimozione di elettroni atomici. L’effetto biologico sulle cellule cancerose passa attraverso complessi meccanismi e consiste in un danneggiamento del DNA, tale da ostacolarne la riproduzione e il loro dilagare fuori ogni controllo. In figura 9 è visibile l’andamento della dose depositata dai raggi γ emessi dal Cobalto-60, in funzione della profondità espressa in cm di “acqua equivalente”, che ben approssima la profondità in un tessuto biologico (predominantemente costituito di acqua). Si nota che la superficie del tessuto non viene “bruciata” come lo sarebbe da radiazioni meno penetranti, come le radiazioni elettromagnetiche a frequenza molto più bassa prodotte da una fiamma o i raggi β e α. Pur tuttavia, la dose è distribuita su tutta la profondità e non può venire concentrata sul tessuto malato.Ne consegue che il “danno benefico” su di di esso è necessariamente accompagnato da un “danno malefico” sui tessuti circostanti. Fig. 10. Simulazione della concentrazione della dose sul tumore con la tecnica IMRT (dose crescente dal blù al rosso) Immagine University of Victoria – Medical Physics Un modo per massimizzare l’effetto delle radiazioni sui tessuti malati e minimizzare quello sui tessuti sani che li circondano è fornito dalla tecnica detta IMRT (Intensity Modulated Radiation Therapy, in italiano RadioTerapia a Intensità Modulata), raffigurata in figura 10. L’aggressione del tumore da più direzioni diluisce gli effetti sui tessuti sani e li accumula su quelli malati. La modulazione dell’intensità secondo la profondità con cui è visto in una data direzione permette di conformare la dose al tumore. Ma per quanti accorgimenti si possano avere e precauzioni prendere, la radiazione emessa dal Cobalto-60 e in generale la radiazione γ non corrisponde all’ideale in quanto la dose ricevuta dai tessuti sani è limitata ma non sostanzialmente annullata.
ADROTERAPIA
Allacciamoci alla precedente osservazione e accenniamo alla “ Adroterapia Oncologica ” anche se essa non è condotta mediante radioisotopi in accordo con il tema di quest’articolo, ma bensì mediante “adroni” accelerati a energie relativamente alte (dell’ordine di grandezza del centinaio di MeV). Per quanto riguarda la sua storia , la possibilità emerse per la prima volta verso la metà degli anni ’30 agli inizi dello sviluppo degli acceleratori di particelle e la proposta fu formulata nel 1946, ma lo sviluppo come pratica ospedaliera è avvenuto solo negli ultimi decenni. Ricordiamo che si dicono “adroni” le particelle soggette alla codiddetta "Interazione Forte", come discusso in Interazione Forte e Protone, pione & adroni . Tra di essi, qui consideriamo il protone (nucleo dell’atomo di Idrogeno) e il nucleo di elementi chimici leggeri, in particolare del Carbonio. Nel linguaggio corrente si parla di “ioni” - cioè degli atomi deprivati dei loro elettroni - che sono accelerati grazie alle forze esercitate su di essi da campi elettrici e magnetici. Focalizzeremo l’attenzione sul principio fisico dell’Adroterapia, rinviando alla letteratura esistente per una sua esauriente trattazione. Alcuni collegamenti sono indicati in fine articolo. Principio fisico La figura 9 mostra anche l’andamento della dose depositata da protoni accelerati all’energia di 200 MeV, radicalmente diverso da quello presentato dai fotoni. Si nota un effetto spettacolare, detto “picco di Bragg”. La massa elevata dei protoni fa sì che essi depositino poca energia nei tessuti chei attraversano inizialmente. Quando - a seguito di questa graduale perdita – essi sono tanto rallentati da giungere alla fine del loro percorso, la deposizione di energia diventa travolgente. I protoni permettono quindi di depositare una “dose mirata” alla fine del percorso, che si fa corrispondere al tessuto malato. Pochissima dose è rilasciata ai tessuti sani. Fig. 11. Carl Wilhelm Götzloff, Veduta di Napoli da Posillipo (1837) Immagine Wikipedia – Art Prints on Demand La deposizione di energia in funzione della profondità da parte dei protoni e degli adroni in generale è paragonabile allo sviluppo della chioma dei pini marittimi in funzione dell’altezza, tutto nei pressi del culmine. Vedete dei pini marittimi a destra in figura 11 in un dipinto di Carl Wilhelm Götzloff (1799-1866), uno dei vedutisti italiani e stranieri della cosiddetta “ Scuola di Posillipo " attratti a Napoli nella prima metà dell’Ottocento dalla sua luce, dai suoi colori e dal suo ambiente internazionale da grande capitale europea. La traccia di un tale ambiente, pur se diluita nel tempo, permane ancora nell’apertura allo straniero che caratterizza la napoletanità a tutti i livelli sociali e che più marcatamente congiunge quello della cultura e quello più genuinamente popolare. Dietro al gruppo di persone sul lato sinistro della stessa figura potete vedere un albero con lo sviluppo della chioma decrescente con l’altezza e quindi assimilabile alla deposizione di energia in funzione della profondità da parte dei raggi γ. Un altro esempio è dato dagli abeti, come quelli degli alberi di Natale. Dalla figura 9 si deduce che l'alta energia degli adroni permette di raggiungere tumori profondi. La profondità nei tessuti a cui si situa picco di Bragg dipende dall’energia dei protoni, che costituisce la “manopola” da girare per regolare la profondità a cui colpire. Agendo su energia e direzione dei protoni mediante tecniche quali la summenzionata IMRT, si ottiene poi una ulteriore concentrazione della dose sul tumore, seguendo la sua conformazione. Con la dose si può così “mappare” la zona tumorale con precisione. La figura 9 mostra anche il picco di Bragg del Carbonio. L’energia indicata è superiore a quella dei protoni, ma si deve tener conto che essa indica l’energia complessiva dei suoi 12 “nucleoni” (intendendo con questo indifferentemente protoni o neutroni). Il Carbonio presenta una piccola coda nella deposizione di energia, corrispondente alla sua possibile “frammentazione” in nuclei più leggeri e penetranti. L’intensa ionizzazione indotta dal Carbonio induce maggiori danni irreparabili al DNA delle cellule cancerose, aumentandone la “efficacia biologica” nel distruggere i tessuti malati. Con il Carbonio si raggiunge quindi una separazione tra “tessuto colpito” e “tessuto risparmiato” particolarmente efficiente. Tuttavia, esso richiede attrezzature notevolmente più complesse e costose. Adroterapia in Italia La utilizzazione dell’Adroterapia è collegata allo sviluppo e all’operazione di acceleratori di particelle adatti allo scopo, corredati dalle complesse attrezzature necessarie per irradiare con precisione ed efficienza i tessuti tumorali. L’impiego di questa tecnica richiede un impegno rilevante nella realizzazione e gestione di centri specializzati. Queso si riflette in una limitazione dei casi che possono venire trattati e in costi relativamente elevati dei trattamenti. Il primo centro italiano di adroterapia ( CATANA ) è in funzione dal 2002 presso i Laboratori Nazionali del Sud dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) a Catania. Esso è dedicato al trattamento dei tumori e delle malformazioni dell’occhio mediante protoni. Agli inizi degli anni ’90, la Fondazione TERA ha iniziato a studiare e sviluppare in Italia l’Adroterapia mediante ioni Carbonio. Il CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica) è stato realizzato a Pavia, in collaborazione con l’INFN e la Fondazione TERA. I primi pazienti sono stati trattati nel 2011.
CONCLUSIONE
In Radioattività e decadimenti nucleari , abbiamo iniziato con il comprendere la Radioattività come fenomeno fisico e a considerarla nella sua realtà. Abbiamo così aperto la strada per discuterne e comprenderne le applicazioni utili. Le tecniche basate sulla radioattività offrono importanti vantaggi, a fronte di rischi che l’esperienza e il progresso tecnologico tendono a rendere sempre più bassi e limitati a livelli scientificamente stabiliti come accettabili. Li affrontiamo con lo stesso atteggiamento mentale di attenzione ma di ragionevole tranquillità con cui attraversiamo la strada, guidiamo l’auto o affrontiamo un viaggio aereo. Tuttavia, la visione della radioattività in relazione alla salute umana è mutata nel corso del tempo. Fig. 12. Indumenti intimi radioattivi del Dottor Bauray Manifesto pubblicitario IRADIA (1930) Immagine Info Nucléaire La figura 12 mostra un manifesto pubblicitario di indumenti intimi radioattivi datato 1930, che implicitamente attribuisce loro effetti benefici come la radiazione solare. L’uso-abuso della pubblicità in favore della radioattività su sedicenti basi scientifiche è stato frequente, come potete vedere dalle numerose pubblicità raccolte sul sito Web da cui è tratta la figura stessa. Troverete pubblicizzate anche delle supposte radioattive. Nel seguito della storia, i drammatici eventi inizialmente evocati hanno reso tutti coscienti dei grandi pericoli insiti nella radioattività e mutato la sua visione da parte del pubblico. Ma il progredire della conoscenza e lo sviluppo di importanti applicazioni benefiche per la salute umana ci portano a non radicalizzarci in una visione negativa, razionalizzando i benefici e accettando i rischi resi minimi e con limiti scientificamente stabiliti da protocolli. Per queste benefiche applicazioni della radioattività potremmo ora avere manifesti pubblicitari nello spirito di quello in figura 12, ma convalidati da veri scienziati e non da fantomatici “Dottor Bauray”. COLLEGAMENTI Renato A. Ricci, Fisica Nucleare , Enciclopedia Treccani (2007) La fisica nucleare , Quark Hochfeiler The ABC of Nuclear Science , Lawrence Berkeley Laboratory (USA) Radioactivity , Guide to the Nuclear Wallchart , Contemporary Physics Education Project (CPEP) Flaviano Dosio e Gioconda Taddei, La Medicina Nucleare , Enciclopedia Treccani (1998) La Medicina Nucleare Università di Padova Francesca Stornini, Le immagini che aiutano la Medicina , Torino Scienza (2005) Introduction to PET physics , University of Washington Ugo Amaldi, Il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologia di Pavia , Scienza in Rete Ugo Amaldi e Gerhard Kraft, Particle accelerators take up the fight against cancer , CERN Courier, Dicembre 2006 Ugo Amaldi, History of hadrontherapy in the world and Italian developments , Rivista Medica, Vol.14, n. 1 (2008) Ugo Amaldi, Gli acceleratori nella terapia dei tumori , Analysis n. 2-3 (2008) ... Professore Emerito di Fisica Sperimentale
Università di Napoli "Federico II" Complesso Univ. Monte S. Angelo Via Cintia - 80126 Napoli - Italy |
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