Onde gravitazionali: come si rivelano
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(Fabio Garufi)
Le onde gravitazionali sono una conseguenza diretta della teoria della Relatività Generale di Einstein e sono delle increspature dello spazio-tempo che si propagano alla velocità della luce. Esse sono prodotte in eventi cosmici estremi come le esplosioni di supernova, o la coalescenza di stelle massicce con buchi neri o fra due buchi neri. Il loro effetto è quello di variare le distanze fra masse "in caduta libera". Il meccanismo di produzione e la natura stessa della forza gravitazionale, fanno sì che queste onde siano estremamente "deboli" ossia che il loro effetto sulle masse sia minuscolo.
Per dare un'idea della debolezza di queste onde, l'effetto atteso su masse in caduta libera sulla terra di onde prodotte da una coalescenza di stelle di neutroni nell'ammasso della Vergine è 10
-21, cioè due masse sulla terra a distanza L subiranno uno spostamento relativo ΔL tale che ΔL/L = 10
-21. Dunque masse che distano 1 km, si spostano relativamente di 10
-18m, ovvero ≈600 volte meno del raggio di un protone (1.6 10
-15m)
Come misurare spostamenti così minuscoli?
RIVELARE LE ONDE GRAVITAZIONALI
Premesso che ancora non si sono rivelate le onde gravitazionali, nel corso del secolo scorso, due metodi sono stati sviluppati per misurare deformazioni così piccole dello spazio-tempo: le barre e gli interferometri.
Storicamente le prime a nascere sono state le "barre". L'idea di Weber, negli anni '50 è quella di prendere dei cilindri di alluminio lunghi circa 3 metri e di un metro di raggio, sospenderli in modo da isolarli dalle vibrazioni del suolo e cercare di misurare le vibrazioni della barra innescate dalle variazioni di lunghezza indotte dalle onde gravitazionali. E' evidente che queste "barre" sono massimamente sensibili per onde gravitazionali con frequenza pari alle loro frequenze proprie di vibrazione e molto meno alle alte frequenze.
La seconda tecnica utilizzata per rivelare direttamente le onde gravitazionali è quella dell'interferometria ottica. E' noto il fenomeno dell'interferenza: due raggi monocromatici uguali che incidano sullo stesso punto di uno schermo con fasi diverse producono delle frange di interferenza. La distanza fra le frange dipende dalla lunghezza d'onda della luce e dalla differenza di fase tra i raggi. Dunque, prendendo la stessa sorgente laser e dividendo la luce in due fasci identici in direzioni ortogonali, mediante uno specchio semi-riflettente come mostrato nella figura che segue possiamo realizzare un interferometro di Michelson in cui i due fasci vengono riflessi sullo stesso punto dagli specchi M1 e M2, e in quel punto c'è un rivelatore di luce (il fotodiodo).
Se regoliamo le distanze fra gli specchi in maniera che nel punto in cui i raggi interferiscono siano inizialmente in opposizione di fase (frangia oscura), se la distanza L fra il divisore di fascio e lo specchio cambia, si uscirà dalla frangia oscure e ci sarà della luce che viene rivelata. Se indichiamo con h l'intensità dell'onda gravitazionale e λ la lunghezza d'onda della luce, la differenza di fase che induce sarà Δφ=4π/λ hL. Dunque per una lunghezza d'onda della luce del laser tipicamente nell'infrarosso λ=1000 nm = 10
-8m e per una ampiezza dell'onda di 10
-21, il rapporto h/λ è ancora molto piccolo e, anche con bracci dell'interferometro dell'ordine di chilometri, Δφ= 4π 10
-21/10
-8 10
3≈10
-9: la variazione di fase è molto piccola e molto piccola sarà la variazione di luce sul fotodiodo. Un po' si guadagna aggiungendo degli specchi secondari che "riciclano" la luce lungo i bracci facendola rimbalzare avanti e indietro molte volte (qualche centinaio) prima di essere riflessa sul punto di raccolta