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ARGOMENTO:

Perché mi affascina la Natura 15/02/2013 21:06 #54

Perché mi affascina la Natura


Perché mi piace la fisica? Perché mi affascina la Natura!
D'istinto, e molto brevemente, direi che questo è il motivo principale. Basterà però allontanarsi dal dettaglio di una frase, cambiare punto di vista e osservare la risposta nella sua complessità per vedere il pesante piedistallo su cui poggia questa affermazione.

Chiedere a qualcuno come mai piaccia la propria professione, può essere rischioso come scoperchiare il vaso di Pandora: non sai quello che sbucherà fuori ma ci sarà sempre qualcosa che può sorprendere, come un aspetto mai considerato fino ad allora (in positivo, o in negativo).
Non penso che fisici si nasca, ma elementi essenziali sono certamente la curiosità e il fascino per l'ignoto. Credo che queste caratteristiche siano innate ma, come ogni altra dote, devono essere stimolate opportunamente.
Solitamente, ciò che è ignoto sconcerta tanta gente, a volte spaventa e fa commettere errori, ma lo scienziato ne è affascinato (e si spera mai ossessionato).

A mio modesto parere, la fisica non è altro che una filosofia di vita; è un bambino che ha tra le mani un giocattolo e vuole smontarlo (preferibilmente sapendo come risistemarlo...) per studiare come è fatto all'interno, cercando di capirne il funzionamento.
Insegna che per ogni evento c'è una spiegazione, che ogni effetto è dovuto ad una causa. Stiamo attenti però, perché non bisogna necessariamente vedere questa banalizzazione come qualcosa di freddo e inerte.
Molti considerano la scienza come asettica, razionale, impassibile, proprio per via del principio “causa-effetto”. Concedetemi di dire che non è tutto piombo quel che è grigio. Anche se, ad una prima analisi, ridurre ogni cosa a quel principio può sembrare semplicistico, vi assicuro che non lo è affatto.
Il primo suggerimento che ho scritto inizialmente consigliava di cambiare prospettiva per andare oltre l'apparenza, dunque procediamo con cautela prima di trarre conclusioni. Se vedete un oggetto grigio, provate a indagare per capire cos'è; chissà che sopra quell'oggetto non vi sia solo uno spesso strato di polvere, quindi sarà sufficiente sfregare con un dito, togliere lo sporco e ritrovarsi in mano dell'oro!

Scoprire quali cause governano certi effetti equivale alla meraviglia di quando ci spiegano cosa c'è dietro a fenomeni che spesso si consideravano palesi. A volte, per quanto è inaspettato il loro meccanismo, sembra quasi che alcuni eventi avvengano veramente per magia.
Indubbiamente, non siamo qui per tenere un corso di fisica, ma, credetemi, le combinazioni che semplici elementi, o forze, possono creare, sono pressoché infinite.
Non si finisce mai di imparare! È questo concetto che un fisico dovrebbe sempre tenere a mente, per aspettarsi continuamente l'imprevisto, l'improbabile e la sorpresa. Mi permetto di citare anch'io un personaggio molto noto nell'ambiente, Enrico Fermi. Lui disse: “Se il risultato conferma le ipotesi, allora hai appena fatto una misura. Se il risultato è contrario alle ipotesi, allora hai fatto una scoperta”.
Ovviamente, anche questa frase è da prendere con le dovute cautele, o si può rischiare di prendere grossi abbagli, ma riassume molto bene quello che intendo dirvi: non date mai niente per scontato perché l'inatteso può spuntare proprio quando non era stato preventivato.
Quello che posso cercare di trasmettervi in queste poche righe è che più conoscerete, più avrete voglia di imparare; più saprete e più vi stupirete di quanto altro ancora ci sarà su cui indagare. Ci sarà sempre un dettaglio che non avrete considerato e che vi farà esclamare: “Eppure era ovvio!”.

Torniamo adesso alla mia risposta sulla Natura. Perché ho risposto così?
Perché la Scienza scende su questo terreno di gioco e tenta di interpretare le regole. A me piace la Natura, perciò la studio e deduco il suo funzionamento (come un giocattolo... ma molto grande).
Ogni cosa che si osserva si trova in questo immenso laboratorio che è la Natura. Le dimensioni vanno dal più piccolo insetto che abbiate mai visto (che si riducono ulteriormente se mai vorrete conoscere, o conoscete già, la fisica delle particelle e l'atomo), fino a raggiungere spazi tanto grandi che possono essere paragonati solo alla propria fantasia.


Quando osservo una foglia, il Sole, una nuvola, una galassia, o un qualsiasi altro fenomeno, lo guardo con un occhio che scruta oltre ciò che appare. Riuscire a vedere come ogni singolo minuscolo tassello di un puzzle gigantesco si incastra in modo perfetto l'uno all'altro, mette addosso un'emozione che è difficile da esprimere. Ogni frammento fa parte di un tutto che, a mio avviso, non potrà mai essere compreso al 100%.
(Se non fosse così, io e i miei colleghi non avremmo più lavoro! E fatto ancor più grave, mi annoierei! ;) )

Vi faccio un esempio concreto. Quando mi sdraio sulla spiaggia per distrarmi dalle preoccupazioni e dallo stress di una faticosa settimana di lavoro, mi concentro solo sui miei sensi: sento il calore sulla pelle, il vento tra i capelli e respiro a pieni polmoni il profumo del mare.
Filtrando queste sensazioni dal mio punto di vista: so di essere colpito da fotoni che mi riscaldano il corpo; so che le differenze di pressione e di temperature dell'aria creano correnti; so che alcune molecole volatili interagiscono con i recettori dell'olfatto, facendomi percepire gli odori.
Detto così potrebbe sembrare che io sia un robot, ma una macchina non può apprezzare la bellezza e l'armonia di quanto descritto e rimanere esterrefatta. Quando interpreto la Natura con questa chiave di lettura, non posso che notare una certa eleganza su come tutte queste componenti si incastrino tra loro e sorrido.

È vero che fisici non si nasce ma lo si diventa, però avere una predisposizione a meravigliarsi è un buon biglietto d'ingresso.

Alan C. Ruggeri
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PhD Student Università degli studi di Napoli "Federico II"

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Ultima Modifica: da A. Ruggeri.

Perché mi affascina la Natura 19/02/2013 16:29 #55

. . . Caro Alan,

. . . Ho letto con piacere il tuo articolo su Scienza e Scuola, apprezzando l'entusiasmo che ti spinge ad analizzare il tuo interesse per la scienza.
. . . Tuttavia mi sembra di vedere la necessita' di un maggiore approfondimento da parte tua, superando alcune affermazioni che a me sembrano ingenue.

. . . Tu citi che "ogni effetto e' dovuto a una causa", e "il principio causa-effetto". Vorrei che riflettessi che il dato sperimentale non puo' mai significare causa-effetto, ma solo relazione. Interpretare le relazioni come cause ed effetti e' un'esigenza del nostro pensiero, non una necessita' derivante dai dati sperimentali.

. . . Un altro punto su cui riflettere e' quando dici "spazi tanto grandi che possono essere paragonati solo alla propria fantasia". Non e' cosi': gli spazi della fisica sono molto piu' grandi di quelli della fantasia. La fantasia non puo' che estrapolare gli spazi di cui ha esperienza, mantenendone le caratteristiche fondamentali; la fisica invece si pone in atteggiamento aperto a studiare se spazi grandissimi (o piccolissimi) presentino proprieta' diverse dagli spazi del nostro ordine di grandezza. E come certo sai, lo fanno: per esempio, per descrivere le particelle subatomiche occorre la meccanica quantistica, i cui effetti sono trascurabili alla scala umana e quindi non presenti nella nostra immaginazione. . . O, in termini piu' semplici, la nostra mente non e' in grado di concepire spazi tanto grandi quanto quelli misurati in astrofisica.

. . . In definitiva, mi sembra che dovresti riflettere sulla linea che la conoscenza non e' l'acquisizione di nozioni su un oggetto separato, l'Universo, da parte di qualcosa di diverso, la mente umana, ma e' invece un processo interno all'Universo, di cui la mente fa parte. Questo, a mio avviso, rende il gioco piu' difficile ma ancora piu' affascinante.

. . . Se sei arrivato a leggere fin qui, ti ringrazio per la pazienza e torno a esprimere il mio apprezzamento per il tuo scritto, ripeto, bello e interessante.
. .
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Gustavo Avitabile
Prof. di Chimica in pensione
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Professore di Chimica macromolecolare (in pensione)
Universita' degli Studi Federico II di Napoli

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Ultima Modifica: da G. Avitabile.

Perché mi affascina la Natura 19/02/2013 17:15 #56

Gentile Prof. Avitabile,

ringraziandola per il messaggio, risponderò passo passo alle sue osservazioni che mi hanno dato modo di riflettere su quanto scrissi.

Caro Alan,
Ho letto con piacere il tuo articolo su Scienza e Scuola, apprezzando l'entusiasmo che ti spinge ad analizzare il tuo interesse per la scienza.


<<Sono contento per questo.>>

Tuttavia mi sembra di vedere la necessita' di un maggiore approfondimento da parte tua, superando alcune affermazioni che a me sembrano ingenue.


<<Sono pronto a leggere e a cimentarmi in un confronto di idee :)>>

Tu citi che "ogni effetto e' dovuto a una causa", e "il principio causa-effetto". Vorrei che riflettessi che il dato sperimentale non puo' mai significare causa-effetto, ma solo
relazione. Interpretare le relazioni come cause ed effetti e' un'esigenza del nostro pensiero, non una necessita' derivante dai dati sperimentali.


<<La sua puntualizzazione è perfetta e me la ricorderò da oggi in poi. Ho cercato di snellire il discorso per mantenere l'articolo entro una pagina (poco più alla fine), tenendo sempre presente che era rivolto a studenti con un'età media di 14 anni. Vediamo se riesco a "difendere la mia trattazione"...
Leggendo le sue parole, mi sono reso conto che, effettivamente, il dato sperimentale è il trait d'union tra una causa ed un effetto, perché l'esperimento vuole verificare tale relazione (spero di aver intenso correttamente la sua spiegazione). Tuttavia, nell'articolo mi sono mantenuto vago per fornire un metodo quanto più generico possibile, non finalizzato alla sperimentazione fisica (o chimica) bensì ad affrontare varie situazioni, anche nel contesto della vita reale (sempre generalizzando molto il discorso).
Sono d'accordo che il principio causa-effetto è un espediente umano ma, allora, proprio per questo possiamo definirlo "comodo", cioè dà una chiave di lettura procedurale semplice. È questo che ho voluto sottolineare a dei ragazzi: considerate in modo allargato un problema (non solo scientifico), semplificatelo e risolverete anche le situazioni più complicate. Certo, è solo un consiglio tra le righe, quindi il buon senso dovrà adattarlo quando sarà calato in un contesto specifico.>>

Un altro punto su cui riflettere e' quando dici "spazi tanto grandi che possono essere paragonati solo alla propria fantasia". Non e' cosi': gli spazi della fisica sono molto piu' grandi di quelli della fantasia. La fantasia non puo' che estrapolare gli spazi di cui ha esperienza, mantenendone le caratteristiche fondamentali; la fisica invece si pone in atteggiamento aperto a studiare se spazi grandissimi (o piccolissimi) presentino proprieta' diverse dagli spazi del nostro ordine di grandezza. E come certo sai, lo fanno: per esempio, per descrivere le particelle subatomiche occorre la meccanica quantistica, i cui effetti sono trascurabili alla scala umana e quindi non presenti nella nostra immaginazione. O, in termini piu' semplici, la nostra mente non e' in grado di concepire spazi tanto grandi quanto quelli misurati in astrofisica.


<<Giusta considerazione anche questa. Ammetto che stavo per scrivere "spazi molto più grandi della propria fantasia", ma poi ho riconsiderato la frase usando l'aggettivo "paragonabili". Anche qui mi sono mantenuto vago (senza dire cosa è più grande dell'altro) perché mi piaceva più un "confronto dimensionale" tra la fantasia di un ragazzo e la grandezza dell'Universo... per non farlo sentire in svantaggio!
Più in là capirà che ci sono limiti oltre i quali la mente umana brancola nel buio, ma intanto volevo dar loro una visione meno ostile, se vogliamo dire così.
Mi permetto, però, di dissentire su un punto: la fantasia può raggirare la fisica, non penso che la realtà sia una zavorra tanto pesante da non farla volar via attraverso rotte assurde.>>

In definitiva, mi sembra che dovresti riflettere sulla linea che la conoscenza non e' l'acquisizione di nozioni su un oggetto separato, l'Universo, da parte di qualcosa di
diverso, la mente umana, ma e' invece un processo interno all'Universo, di cui la mente fa parte. Questo, a mio avviso, rende il gioco piu' difficile ma ancora piu' affascinante.


<<Questo suo cambio di prospettiva appena descritto mi piace tanto: non separare l'uomo dall'Universo è importate. L'ho solo fatto intendere nell'ultima parte, ma in effetti questa bella considerazione potrei rimarcarla aggiungendo una frase all'ultima riga (credo che l'articolo sia ancora modificabile).
E' un concetto più profondo e per un 14enne, forse è quasi avanzato a meno che non abbia già una buona apertura mentale. Mi spiego meglio: una considerazione del genere la apprezzerebbe meglio un ragazzo a cui già piace la scienza e sa cambiare punto di vista.
Chiederò di aggiungere una riga come "... e sorrido, perché anche io faccio parte del tutto." Ci penserò su!>>

Se sei arrivato a leggere fin qui, ti ringrazio per la pazienza


<<Non mi sarei mai permesso di fermarmi prima!>>

e torno a esprimere il mio apprezzamento per il tuo scritto, ripeto, bello e interessante.
Gustavo Avitabile
Prof. di Chimica in pensione


Grazie mille per i complimenti!
Spero di aver risposto adeguatamente. Leggere delle critiche costruttive non può che migliorare il pensiero personale, quindi la ringrazio ancora per le sue preziose osservazioni. Se dovessi scrivere altro, o dialogare su questo argomento, terrò care le sue parole.
Un caro saluto,
Alan
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PhD Student Università degli studi di Napoli "Federico II"

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Ultima Modifica: da A. Ruggeri.

Perché mi affascina la Natura 23/02/2013 09:06 #57

Vorrei che si prestasse molta attenzione al piacevole botta e risposta avuto tra me e il Prof. Avitabile. Lo scambio di idee originale è avvenuto per email, ma abbiamo trovato più conveniente inserirlo qui.

Al di là dei contenuti, è importante notare come si è cercato di esprimere punti di vista lievemente discordanti senza attaccarci ma discutendo in modo civile e razionale, cosicché entrambi potessimo intenderci scambiando reciprocamente i nostri pensieri.

Come già evidenziato nel primo post, riuscire a cambiare prospettiva, anche ascoltando considerazioni a cui non si aveva pensato, è sempre utile per fare passi avanti verso qualcosa che inevitabilmente si affina e si perfeziona.
Ormai, sfortunatamente, la tendenza ad ascoltare sta diminuendo. Ricordatevi però che se ci si impunta in modo testardo su una propria posizione, perché la si considera già la migliore in assoluto, si corrono due rischi: innanzi tutto, senza mettervi in discussione non capirete facilmente quali sono i punti deboli di un ragionamento; in secondo luogo, non si arriverà da nessuna parte perché quel pensiero rimarrà isolato da ogni contesto.
PhD Student Università degli studi di Napoli "Federico II"

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