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ARGOMENTO:

Il Vesuvio 08/11/2015 12:32 #168

Il vulcano Vesuvio
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Mauro Antonio Di Vito e Paolo Strolin
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Per domande: autore o Domanda a un esperto
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Fig. 0. Mimmo Jodice, Il Vesuvio e Napoli ...-... Immagine HD Sound Bound

Cosa è il Vesuvio per il suo popolo? La domanda è semplice, la risposta non può essere che di sottile complessità. Non può essere facilmente data con il linguaggio corrente. E’ una presenza nello sfondo e nell’intimo che può essere istantaneamente comunicata da un artista, come Mimmo Jodice in “figura 0”, per darla come punto di partenza. La Montagna Calda dà qualche elemento per rispondere alla domanda in un quadro storico. Qui parleremo del Vesuvio e della sua storia con il linguaggio della Scienza. Se siete incuriositi da nuove ricerche, leggete Vedere il Vesuvio invisibile .
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Fig. 1a. Il Vesuvio visto da Napoli
La linea punteggiata mostra il profilo del vulcano più antico
Immagine Wikiwand - Alta definizione
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Fig. 1b. Il Vesuvio visto da Pompei
Immagine Wikiwand - Alta definizione
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Oggi e 2000 anni fa

All’odierno visitatore di Napoli e Pompei il Vesuvio sembra solo una “montagna”, vista da versanti opposti (figure 1a-b). Anche per gli abitanti di Pompei aveva presumibilmente l’apparenza di una montagna.

La città, come pure le vicine Ercolano e Stabia, fu completamente distrutta dall' eruzione del 79 d.C. , descritta con grande efficacia da Plinio il Giovane in due Lettere a Publio Cornelio Tacito ( VI.16 e VI.20 ). La distribuzione dei depositi piroclastici depositati durante la fase principale dell’eruzione è indicata in grigio da chiaro a scuro nella mappa di figura 2. Tutta l’area scura fu molto danneggiata per la caduta di ceneri e lapilli e, vicino al vulcano, per lo scorrimento dei flussi piroclastici.

Otto anni dopo l’eruzione, Marco Valerio Marziale (40-104 d.C.) scrisse in uno dei suoi Epigrammi (V, 44):

Hic est pampineis viridis modo Vesbius umbris,
Presserat hic madidos nobilis uva lacus.
Haec iuga quam Nysae colles plus Bacchus amavit


Ecco il Vesuvio, che ieri ancora era verde delle ombre di pampini:
qui celebre uva spremuta dal torchio, aveva colmato i tini.
Questa giogaia Bacco amò più dei colli di Nisa
.

L’ affresco pompeiano in figura 3 mostra Dioniso (divinità greca del vino e assimilabile al romano Bacco), associandolo a una fertile montagna. Pur se l’ipotesi è controversa , la montagna potrebbe essere il Vesuvio di allora, oggi indicato come Monte Somma riservando la denominazione Vesuvio al cono vulcanico iniziatosi a formare con l'eruzione del 79 d.C. (vedete nel seguito). Nella parte inferiore dell'affresco è raffigurato un serpente agatodemone , un genio buono protettore della casa associato a Dioniso nella mitologia greca.



Fig. 2. Il Vesuvio, le principali città circostanti e la distribuzione
dei depositi piroclastici nell’eruzione pliniana di Pompei
Immagine Wikiwand
Fig. 3. Dioniso e (presumibilmente) il vulcano prima dell’eruzione del 79 d.C.
Dalla Casa del Centenario a Pompei, Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Immagine Wikiwand ...-... Alta definizione

Va ricordato che il geografo e storico greco Strabone (circa 64 a.C. - 24 d.C.) aveva intuito la natura vulcanica del Vesuvio e scritto nel Libro V della sua Geografia :

Il Vesuvio è una montagna rivestita di terra fertile alla quale sembra che abbiano tagliato orizzontalmente la cima; codesta cima forma una pianura quasi piatta, totalmente sterile, del colore della cenere, nella quale si incontrano di tratto in tratto caverne piene di fenditure, formate da pietre annerite come se avessero subito l’azione del fuoco; di modo che si può congetturare che là vi fosse stato un vulcano il quale si è spento dopo aver consumato tutta la materia infiammabile che gli serviva da alimento(traduzione di Raffaele Castagna)

Anche per la nostra conoscenza dei vulcani si può pensare al detto Historia magistra vitae , tratto da De oratore di Cicerone. Anzitutto, la storia ci insegna che l’apparente stato di tranquillità del Vesuvio non è rassicurante, oggi come ai tempi dell’antica Pompei. Qualche indicazione in più viene considerando lo sviluppo della sua storia eruttiva.


Tracce di storia remota nella morfologia del complesso vulcanico

L’attuale complesso vulcanico di cui fa parte il Vesuvio è costituito dal Monte Somma e dal Vesuvio propriamente detto o Gran Cono, rispettivamente a sinistra e a destra in figura 1a e viceversa in figura 1b. Il complesso copre un’area di circa 150 km2 e con il cono del Vesuvio raggiunge l’altitudine di 1281 m s.l.m. .

Il complesso vulcanico ha subito trasformazioni impressionanti in tempi relativamente brevi in una scala geologica. Esso ha meno di 39.000 anni di età e ha completato circa 20.000 anni fa la sua prima fase di attività, dominata da effusioni laviche ed eruzioni esplosive di bassa energia.

Il Monte Somma è il residuo dell’edificio di un vulcano più antico dell’attuale Vesuvio, generato in diverse fasi e con alla sommità un cratere formatosi dopo l'utima eruzione (avvenuta nel 1944). Dell’antico vulcano è conservato solo un arco di cerchio settentrionale costituente il Monte Somma, che è presumibilmente rappresentato nella montagna in figura 3. Osservando la forma dei suoi versanti e prolungandoli sulla parte collassata seguendo la linea punteggiata in figura 1a, si può dedurre che il vulcano raggiungesse un’altezza di circa 2000 metri.

Sono dette “pliniane” le eruzioni con intensità paragonabile a quella del 79 d.C., descritta da Plinio il Giovane nelle due Lettere a Publio Cornelio Tacito ( VI.16 e VI.20 ) in una vivida e precisa opera di comunicazione scientifica.

L’eruzione del 79 d.C. - che causò la distruzione delle città di Pompei, Ercolano e Stabia - è stato l’ultimo evento pliniano e modificò di nuovo la caldera del Monte Somma, all’interno della quale si è accresciuto il Vesuvio. La figura 4 lo mostra nello stato attuale, come risultato della sua storia eruttiva da allora fino all’ultima eruzione nel 1944.
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Fig. 4. Il Vesuvio con il Monte Somma nello sfondo
Immagine Alta Definizione Napolitoday
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Fig. 5. Sequenza di depositi di eruzioni pliniane e sub-pliniane del Vesuvio
esposta lungo le pareti di una cava (in primo piano) 10 km a Est del Vesuvio.

La figura 5 mostra una cava presso Palma Campania ora colmata da detriti prodotti dalle frane di Sarno del 1998. Come esposta “in vetrina”, vi appare una spessa sequenza di depositi piroclastici eruttati durante eruzioni pliniane e sub-pliniane del Vesuvio degli ultimi 22.000 anni. Questi depositi sono separati da livelli di paleosuoli (strati di prodotti vulcanici diventato terreno fertile prima di essere coperto dai prodotti di altre eruzioni), formatisi durante le fasi di quiescenza del vulcano. I paleosuoli contengono materiale organico - che in certi casi può essere utilizzato per datazione al Carbonio-14 (vedete Radioattività come cronometro per la datazione ) - e talvolta tracce archeologiche. Insomma, la figura 5 pare adatta per un manuale di Stratigrafia .


Otto millenni di eruzioni pliniane e sub-pliniane

Fino all’eruzione di Pompei inclusa, si sono verificate tre eruzioni pliniane: l'eruzione delle Pomici di Mercato (avvenuta 9.000 anni fa), l'eruzione delle Pomici di Avellino (avvenuta 3.900 anni fa) e l'eruzione di Pompei (avvenuta nel 79 d.C.). A queste eruzioni si sono intercalate almeno sei eruzioni sub-pliniane, di età compresa tra le eruzioni di Avellino e Pompei, precedute da periodi di riposo più o meno lunghi.

L'eruzione delle Pomici di Mercato, conosciuta anche come eruzione delle Pomici Gemelle o di Ottaviano ha lasciato un deposito costituito da due strati di pomici , separati sottili strati di cenere.
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Fig. 6a. Impronte lasciate nel villaggio preistorico di
Afragola da fuggiaschi durante le fasi finali dell’eruzione
delle Pomici di Avellino - Immagine Wikiwand
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Fig. 6b. L'affollarsi delle impronte lasciate tra le capanne
nella fuga dal villaggio preistorico di Afragola
The Afragola settlement near Vesuvius, Italy: the destruction and abandonment
of a Bronze Age, Earth and Planetary Science Letters, vol. 277 (2009)


L'eruzione delle Pomici di Avellino - così detta perché le pomici da caduta furono disperse dalla colonna eruttiva verso nord-est, in direzione della zona ove ora si trova Avellino - ricoprì una vasta zona a nord-est del vulcano con uno spesso strato di pomici, bianche alla base e grigie verso l’alto, e i settori della Piana Campana ad ovest ed a nord con strati di cenere da flusso piroclastico.

L'eruzione distrusse numerosi insediamenti abitati nell'Età del Bronzo Antico. Nel 2001 e 2002, resti di villaggi con capanne dell'Età del Rame e del Bronzo furono ritrovati presso Nola e Gricignano d'Aversa: sono delle Pompei della Preistoria. Nel 2004 furono rinvenute nei dintorni di Afragola, nei pressi di un grosso insediamento con almeno 25 strutture del Bronzo Antico, migliaia di impronte di persone che fuggivano dalla zona maggiormente colpita dall'eruzione. Ne mostrano le figure 6a-b, con immagini di impressionante contenuto simbolico.

L’eruzione del 79 d.C. fu l’ultimo evento pliniano. I successivi eventi di maggiore energia sono stati le eruzioni sub-pliniane del 472 (detta di Pollena) e del 1631. Quest'ultima avvenne dopo circa cinque secoli di sostanziale quiescenza: l’ultima eruzione importante aveva avuto luogo nel 1139, salvo un episodio riportato attorno al 1500.

L'eruzione di Pollena del 472 d.C. è nota in Archeologia per gli scavi di una monumentale villa romana situata nei pressi di Somma Vesuviana e ancora utilizzata al tempo dell'eruzione, seppure con mutate finalità. Il racconto di Tacito (Annales, Par. 5, Libro 1), secondo cui Ottaviano Augusto ammalatosi durante un viaggio si spense nel 14 d.C. “apud urbem Nolam” (vicino alla città di Nola), e la sua monumentalità fecero ipotizzare - anche se in assenza elementi comprovanti – che quello ne fu il luogo. La villa contiene numerosi riferimenti a Dioniso, associato al Vesuvio come mostra l’affresco di figura 3. Spicca una sua splendida statua , ora al Museo Storico Archeologico di Nola .

A giudicare dalla sequenza delle eruzioni pliniane o sub-pliniane, i quattro secoli dal 1631 a oggi non appaiono essere un intervallo temporale di lunghezza anomala, tanto da fare presagire una prossima eruzione di tale intensità.
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Fig. 7a. Il popolo napoletano in processione invoca San Gennaro
affinché intervenga per arrestare l’eruzione del 1631
Dipinto seicentesco di Micco Spadaro (collezione privata)
Immagine Atlante dell’Arte Italiana - Alta Definizione
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Fig. 7b. San Gennaro interviene e salva Napoli
Dettaglio della figura 7a

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Fig. 7c. Abbassamento del cono con l’eruzione
del 1631, secondo le misure di Gregorio Carafa
Immagine INGV – Osservatorio Vesuviano

L’eruzione sub-pliniana del 1631

L’ eruzione sub-pliniana del 1631 rappresenta un cardine tra il passato di eruzioni pliniane o sub-pliniane e la presente fase della storia eruttiva del Vesuvio. L’eruzione fu violentissima e provocò la morte di oltre 5000 persone. Una spaccatura si aprì nel fianco della montagna e da essa uscì un’altissima colonna eruttiva.

Secondo la tradizione religiosa, l’eruzione fu arrestata solo dal miracoloso intervento di San Gennaro implorato dallo spaventatissimo popolo napoletano in processione solenne. Lo racconta Micco Spadaro nel dipinto in figura 7a e 7b. Tra l’abbondante altra documentazione iconografica, segnaliamo anche un dipinto di Didier Barra (1590-1652) e uno di Claude Lorrain (1600-1682).

Le fasi esplosive, che generarono sia caduta di lapilli e cenere che scorrimento di colate piroclastiche, determinarono una parziale distruzione del cono vulcanico e un suo abbassamento di qualche centinaio di metri (figura 7c).



Fig. 8. Sintesi schematica della storia eruttiva in epoca proto-storica e storica - Immagine modificata da European Journal of Mineralogy


Quattro secoli di Vesuvio dal 1631 a oggi

La figura 8 fornisce una sintesi schematica della storia eruttiva del Vesuvio negli ultimi sei millenni. Essa inizia dall'epoca proto-storica dell'eruzione di Avellino - con impatto sulla storia umana documentato solo dall'Archeologia - e continua in epoca storica sino ai giorni nostri, nei quali l'attività è solo fumarolica. Le barre verticali danno una indicazione qualitativa dell'intensità delle eruzioni.

Nella fase iniziata dopo il 1631, le eruzioni sono ben documentate. Illustriamo alcune tra le principali eruzioni, con l’intento di prendere direttamente coscienza dell’intensità che hanno raggiunto anche in tempi relativamente recenti. Lo faremo anche mostrando i cambiamenti provocati nella morfologia del cono vulcanico all’interno della caldera del Monte Somma. Basteranno questi elementi qualitativi per farci apparire come storicamente anomala la quieta immagine del vulcano alla quale ci ha abituato il prolungarsi dell’attuale stato di quiescenza. Esporremo successivamente una sintesi di quanto si può dedurre quantitativamente da un’analisi complessiva della loro cronologia e delle sue periodicità.
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Fig. 9. Il cratere del Vesuvio, la montagnola e il conetto intracraterico
durante l’eruzione del 1756, illustrata da Pietro Fabris
Da Patrick Brydone, Un Viaggio in Sicilia e a Malta (1770)
Immagine Agorà & Co.
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Fig. 10. Natura viva dal Vesuvio illustrata da Pietro Fabris
Da Lord Hamilton, Campi Flegrei (1776)
Immagine Glasgow University Library


La figura 9 mostra un’immagine dell’eruzione del 1756 in una illustrazione di Pietro Fabris (1736-1818) di un inedito diario di viaggio relativo al Grand Tour compiuto negli anni 1769-1771 dallo scozzese Patrick Brydone. Si noti l’accrescimento del vulcano all’interno della caldera. Fabris illustrò anche come il più noto Campi Flegrei: osservazione sui vulcani delle Due Sicilie (1776) sul viaggio di Lord William Hamilton. Non mancarono di suscitare il loro interesse anche pietre, gemme e flora del Vesuvio, rappresentate in raffinate “nature vive” come quella in figura 10.



Fig. 11. Misure strumentali dal 1843 al 1858 del profilo sommitale del cono vulcanico
Immagine INGV – Osservatorio Vesuviano

Le eruzioni sono state accompagnate da cambiamenti nella morfologia della sommità del cono vulcanico. La figura 11 mostra una antica ricostruzione della sua evoluzione negli anni 1843-1858 in seguito alle eruzioni effusive avvenute in quel periodo, nel corso delle quali fu colmata la caldera sommitale e aumentò l’altezza del cono vulcanico.


Fig. 12. L’eruzione del 1872 in una fotografia di Giorgio Sommer
Immagine Alta Definizione Wikipedia
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Fig. 13. L’interno del cratere nel 1934
Immagine Paul Roales

Cogliamo l’occasione per mostrare in figura 12 l’ eruzione del 1872 e allo stesso tempo una delle fotografie di Giorgio Sommer (1834-1914).

Nel 1934 l’interno del cratere non era sprofondato come oggi (figura 5). In figura 13, parte di una serie trovata da un collezionista privato negli Stati Uniti, è visibile anche una montagnola eruttiva al centro del cratere, ad altitudine di poco inferiore alla sommità.

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Fig. 14. L’eruzione del 1944 ripresa durante Seconda Guerra Mondiale
Credito US Army Air Forces (Collezione Osservatorio Vesuviano)
Immagine National Geographic
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Fig. 15. Evoluzione del cratere del Vesuvio durante il periodo 1914-1949
(G. Imbò, Annali dell’Osservatorio Vesuviano, 1949)
Immagine INGV - Osservatorio Vesuviano

L’ultima eruzione è iniziata il 18 marzo 1944 ed è durata circa 10 giorni. Ha generato colate di lava che hanno parzialmente distrutto gli abitati di Massa di Somma e San Sebastiano al Vesuvio, ed esplosioni che hanno prodotto fontane di lava e una colonna eruttiva da cui sono stati dispersi ceneri e lapilli a est e a sud del vulcano (figura 14). La figura 15 sintetizza le variazioni del profilo della parte alta del cono nel periodo 1914-1949. Si noti l'ampio cratere formatosi durante le fasi a maggiore esplosività dell'eruzione del 1944. L'attuale cratere è leggermente più ampio in conseguenza di numerose frane che hanno interessato i suoi versanti interni. Il fondo craterico è circa 330 m sotto alla sommità.


La cronologia delle eruzioni da 1631 e la quiescenza di oggi

L’attività del Vesuvio nel periodo più recente, dal 1631 all’ultima eruzione avvenuta nel 1944, è stata caratterizzata da fasi a condotto aperto e fasi a condotto ostruito. Le prime sono dominate da un susseguirsi di temporanee ostruzioni e eruzioni da effusive a moderatamente esplosive (stromboliane e stromboliane violente). Le fasi a condotto ostruito, come quella attuale, sono caratterizzate dalla completa assenza di attività eruttiva e dalla ricarica del sistema magmatico. Esse terminano con eruzioni molto esplosive.

La cronologia è caratterizzata da 18 periodi in fase stromboliana, chiusi da una violenta eruzione "finale" (esplosiva ed effusiva). Se ne deduce anche che in media si è avuta una violenta eruzione approssimativamente ogni 17 anni. Le fasi di quiescenza non son mai state più di lunghe di 7 anni.

L'ultima eruzione finale si è verificata nel 1944 e la quiescenza dura da quasi 70 anni, con il condotto chiuso. Si può concludere che il Vesuvio dei nostri tempi è storicamente anomalo rispetto alla cronologia eruttiva 1631-1944. Come la "montagna" vista dagli abitanti di Pompei prima dell'eruzione, anche se – va sottolineato - non in relazione a una possibile eruzione pliniana in un futuro non remoto.
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Fig. 16. Vesuvius di Andy Warhol (1985)
Collezione Lucio Amelio, Museo Nazionale di Capodimonte (Napoli)
Immagine Francesco Morante - Alta Definizione
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Fig. 17. Uno dei Vesuvi di Ernesto Tatafiore,
con iscrizione Sempre farai capo a questa città
Immagine PAN – Comune di Napoli Alta Definizione

Futuro e immaginazione

La popolazione di circa 700.000 persone vive ora nella zona “rossa” alla base del vulcano e lungo i versanti, classificata al più alto rischio in Europa.

Il perdurare della lunga quiescenza fa supporre un possibile immagazzinamento di energia, che potrebbe essere rilasciata con una futura eruzione. Il quando e il come permangono un mistero. Questo abbiamo visto parlando con il linguaggio della Scienza, che rende coscienti della necessità di continuare a indagare e capire: il Vesuvio è un vulcano. Da parte sua, l’immaginazione di Andy Warhol offre il pauroso scenario del Vesuvius in figura 16, da prendere come monito e stimolo pensando giustamente al peggio.



Fig. 18. Ernesto Tatafiore, Vesuvi

Ma il popolo del Vesuvio ha il vulcano come compagno, accanto dal remoto del tempo e non presenza estranea. Come in figura 0. Con il suo tufo ha costruito ha costruito case e palazzi, con le sue pietre ha lastricato vicoli e strade. Convive da sempre con la sua presenza affascinante e pericolosa, e nei secoli passati con la sola prospettiva di soccorso da implorare in extremis a San Gennaro. Ed è una convivenza con aspetti multipli e diversi nella sostanza. Un artista napoletano come Ernesto Tatafiore dipinge "Vesuvi", diversi. Un suo avvertimento viene nei modi di figura 17. Una piccola raccolta di suoi Vesuvi è mostrata in figura 18. Da notare che ambedue gli artisti hanno preso parte all’ambiente artistico-culturale creato a Napoli dal grande gallerista Lucio Amelio .


Collegamenti

Vesuvio , INGV - Osservatorio Vesuviano
Lisetta Giacomelli, Esplora i vulcani italiani , Dip. di Matematica e Fisica, Università di Roma Tre
Lisetta Giacomelli, Il Vesuvio , Dip. di Matematica e Fisica, Università di Roma Tre
Lisetta Giacomelli, Escursioni al Vesuvio e dintorni , Dip. di Matematica e Fisica, Università di Roma Tre
Lucia Pappalardo, Vesuvio e Campi Flegrei: vulcano, supervulcano e supercamera magmatica?
Giovanni Scarpato, Giovanni P. Ricciardi, Flora Giudicepietro e Maddalena De Lucia, L’evoluzione morfologica del Vesuvio in relazione alla sua storia eruttiva , INGV – Osservatorio Vesuviano (2005)
Tomografia sismica , Sismoscholar, Il portale della sismografia per le scuole
Pompei, Ercolano, Stabia , Soprintendenza Speciale Beni Archeologici, Ministero MIBACT
Lucia Civetta, Lorenzo Cuna, Maddalena De Lucia e Giovanni Orsi; Il Vesuvio negli occhi. Storie di osservatori , Osservatorio Vesuviano - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanolgia (2004)

Mauro Antonio Di Vito e Paolo Strolin

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Professore Emerito di Fisica Sperimentale
Università di Napoli "Federico II"
Complesso Univ. Monte S. Angelo
Via Cintia - 80126 Napoli - Italy

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Ultima Modifica: da Paolo.
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